I fichi d'India sono un frutto prelibato diffuso sulle tavole italiane del Sud ma ancora troppo poco usato nella cucina mainstream. Colpa forse della sua scorza dura e delle piccole spine che lo avvolgono. Ma basta un po' di attenzione e creatività per ottenere da questo frutto che "sa di sole" risultati esotici e gustosissimi. Ecco come pulire e mangiare i fichi d'India.
Cosa sono i fichi d'india
Con il termine fico d'India (scritto anche come un'unica parola, ficodindia) s'intende sia la pianta appartenente alla specie delle cactacee che il frutto generato dalla stessa. Il nome scientifico della pianta è Opuntia ficus-indica. Originaria del Messico e commerciata già ai tempi degli Aztechi, si è poi diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e nelle zone temperate di America, Africa, Asia e Oceania.
I fichi d'India si chiamano così perché furono portati nel Vecchio Continente da Cristoforo Colombo. Era il 1943. Il celebre navigatore approdato nelle Americhe, credeva di esser sbarcato invece sulle coste dell'India. Quando portò questi frutti, che gli Aztechi chiamavano nopali, alla corte reale furono soprannominati fichi d'India.
La pianta del fico d'India è composta da pale, fusti modificati dalla forma appiattita e ovale, della lunghezza di circa 30-40 cm, che le assicurano la fotosintesi e la riserva d'acqua. Le foglie di questa pianta hanno invece una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Sulle pale nascono dapprima i fiori che lasciano poi il posto a una bacca carnosa con numerosi semi (fino a 300 per unità): il fico d'India frutto.
Il peso di questo frutto può variare da 150 a 400 grammi. Il colore del fico varia a seconda delle varietà: è giallo-arancione se appartiene alla sulfarina, rosso porpora nella varietà sanguigna, mentre è bianco se appartiene alla muscaredda. A seconda del periodo in cui nascono, varia anche la forma. I primi fichi d'India sono tondeggianti, quelli più tardivi hanno una forma allungata e peduncolata.
Non tutti sanno che le parti commestibili del fico d'India pianta sono in realtà tre: le pale (che possono essere cucinate come una comune verdura), i petali dei fiori (che possono essere mescolati con gli ingredienti di un'insalata), e i frutti. Le pale hanno più o meno la stessa consistenza delle taccole, basta tagliarle a listarelle e bollirle fino a che non si ammorbidiscono. Possono essere però consumate anche grigliate.
Tra le varietà preservate dal marchio DOP c'è il Fico d'india di San Cono. Questa varietà cresce nei comuni di San Cono e San Michele di Ganzaria in provincia di Catania; a Piazza Armerina in provincia di Enna e a Mazzarino in provincia di Caltanissetta. Vengono ricavati dalle cultivar Surfarina o Nostrale, Sanguigna, Muscaredda o Sciannarina. Si tratta di una varietà il cui frutto ha grandi dimensioni, un alto contenuto zuccherino e un acceso colore di buccia e polpa.