La domanda “Hai mangiato?” è polivalente. Anzitutto, equivale anche a chiedere a qualcuno se stia bene o meno. In secondo luogo, qualunque sia la risposta, è un invito a mangiare ancora qualcosa, anche se si è già pieni o se si è appena terminato un pasto luculliano.
È sempre possibile aggiungere un posto a tavola. Non ci si scompone se il campanello suona all’ora di cena e non ci sono problemi di spazio: ci si stringe e, a tavola, si entra tutti.
Le frasi “Ti preparo quello che c’è” o “Mi arrangio” sono una truffa. Non vogliono dire che si mangerà poco, perché le abili mani siciliane sanno preparare interi manicaretti con pochissimo.
È sempre l’ora giusta per mangiare la rosticceria. Quando si mangiano i pezzi, l’orologio non esiste: possono essere le 9 del mattino o della sera. Via libera anche alla rosticceria fritta, che sta bene un po’ su tutto. Non fate complimenti.
I croissant li chiamiamo cornetti, non brioche. L’unico termine simile a brioche che abbia un valore è brioscia, cioè quella con il tuppo.
Il pranzo della domenica dura per tutta la domenica. Si sa quando ci si siede, ma non si sa quando ci si alza. Inutile opporre resistenza: tra le portate principali, i dolci e le chiacchierate, si fa già l’ora di cena, quindi tanto vale rimanere a tavola.
Si pranza e si cena “tardi“. A mezzogiorno, praticamente, è ancora colazione.
Il “mellone“, con due “l” è l’anguria, non il cantalupo.
Il pane non serve ad accompagnare le pietanze: è già una pietanza, perché è talmente buono che non lo si può relegare a un “accompagnamento”.
Quando si è ospiti a pranzo o a cena da una persona cara, non si uscirà da quella casa senza avere un pacchettino per il giorno dopo. Quello che rimane, si condivide.